Sul tema “Oltre l’inclusione verso l’educazione trasformativa” si svolgerà a Torino dal 9 al 12 aprile 2024 il IX Seminario Internazionale Vygotskij. È organizzato dal Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’educazione dell’Università di Torino a conclusione di una serie di webinar iniziati nell’ottobre 2023.
DA WIKIPEDIA:
L’idea centrale della prospettiva di Vygotskij (1896-1934) è che lo sviluppo della psiche è guidato e influenzato dal contesto sociale, quindi dalla cultura del particolare luogo e momento storico in cui l’individuo si trova a vivere e che provoca quindi delle stimolazioni nel bambino, e si sviluppa tramite “strumenti” (come il linguaggio) che l’ambiente mette a disposizione.
Per Jean Piaget la pressione dell’ambiente non ha effetto sul sistema nervoso (il bambino impara interagendo da sé sugli oggetti) mentre per Vygotskij è l’ambiente culturale a consentire lo sviluppo cognitivo. Il salto qualitativamente superiore delle abilità cognitive avviene secondo Vygotskij tramite età stabili ed età critiche, la relazione fra queste consente lo sviluppo cognitivo. Le età stabili sono quei periodi di vita in cui i cambiamenti sono minimi ma che con l’accumularsi portano alla creazione di età critiche che consentono il passaggio allo stadio successivo. Queste crisi sono importanti perché se superate correttamente garantiscono uno sviluppo cognitivo corretto nel bambino.
La psiche non è altro che il riflesso delle condizioni materiali, le quali possono essere modificate e trasformate in prospettiva di un fine concreto. Vygotskij accetta l’ipotesi che la struttura base dei processi psichici sia la sequenza stimolo-reazione, ma in merito a processi psichici superiori (il livello delle funzioni intellettive) inserisce un nuovo elemento: lo stimolo-mezzo.
Lo stimolo-mezzo è uno stimolo “creato” dall’uomo; è utilizzato per instaurare un nuovo rapporto stimolo-risposta e promuovere lo svolgimento del comportamento in una direzione diversa. In particolare egli studia l’importanza dell’uso di strumenti e simboli nello sviluppo umano come stimoli-mezzo.
L’esempio più celebre con cui Vygotskij illustra il concetto di stimolo-mezzo è quello del fazzoletto: se una persona deve ricordarsi di svolgere una mansione, può fare un nodo su un fazzoletto; il nodo è uno stimolo-mezzo, che media il rapporto tra il dovere di compiere una mansione e l’azione-risposta. Il comportamento umano non è quindi per Vygotskij la semplice interazione fra stimoli e risposte, ma è mediato da stimoli-mezzo, i quali possono essere strumenti esterni (il nodo del fazzoletto), ma anche strumenti acquisiti dall’ambiente sociale e interiorizzati.
In virtù di tale caratteristica i processi psichici superiori (pensiero, linguaggio, memoria) non hanno un’origine naturale, ma sociale e li si può comprendere solo prendendo in considerazione la storia sociale.
Nella teoria di Lev Vygotskij un concetto fondamentale, che serve a spiegare come l’apprendimento del bambino si svolga con l’aiuto degli altri, è costituito da quella che viene comunemente denominata zona di sviluppo prossimale (ZSP), anche se secondo Luciano Mecacci, che nel 1990 ha curato la prima traduzione mondiale integrale dal russo di Pensiero e linguaggio, la traduzione più corretta in italiano dovrebbe essere ‘’zona di sviluppo prossimo’’[2]. La ZSP è definita come la distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di sviluppo potenziale, che può essere raggiunto con l’aiuto di altre persone, che siano adulti o dei pari con un livello di competenza maggiore. Secondo Vygotskij, l’educatore dovrebbe proporre al bambino problemi di livello un po’ superiore alle sue attuali competenze, ma abbastanza semplici da risultargli comprensibili; insomma, all’interno di quell’area in cui il bambino può estendere le sue competenze e risolvere problemi grazie all’aiuto degli altri (la ZSP, appunto).
Il progresso attraverso la zona di sviluppo prossimale è stato descritto come una successione di tre stadi:
Stadio 1: in cui la prestazione è controllata da persone più esperte. Prima di riuscire a funzionare indipendentemente, i bambini sono costretti ad affidarsi all’aiuto di altre persone. L’adulto deve dimostrare e guidare, mentre il bambino si limita ad ubbidire e imitare.
Stadio 2: in cui la prestazione è controllata dal bambino. Con il tempo, il bambino si assume la maggior parte della responsabilità di un esito positivo che prima era affidata all’adulto.
Stadio 3: in cui la prestazione è automatizzata. L’esecuzione del compito ora procede senza ostacoli e viene portata avanti dal bambino automaticamente.
Questi problemi quindi, potranno essere risolti dal bambino aiutato da un esperto (l’educatore, un adulto o anche un pari con maggiori competenze in quel campo), ma non dal bambino che non riuscirebbe ad affrontarli da solo (in quel caso saremmo all’interno della zona di sviluppo attuale). Se il processo è impostato correttamente, la zona di sviluppo attuale del bambino si amplia, includendo quella che in precedenza era la zona di sviluppo prossimale, in altre parole egli diventa capace di eseguire autonomamente un compito che prima non sapeva eseguire. All’esterno della zona di sviluppo attuale si crea una nuova zona di sviluppo prossimale.
Come per Vygotskij, anche secondo Bruner, l’aiuto di un esperto, che fornisce indicazioni e suggerimenti utili, è importante, perché consente al bambino di svolgere un compito, pur non avendo ancora tutte le conoscenze e le abilità specifiche per farlo in modo autonomo.
Un concetto simile a quello della zona di sviluppo prossimale è il concetto di scaffolding. Questo termine deriva dalla parola inglese “scaffold”, che letteralmente significa “impalcatura” e che viene utilizzato in psicologia per indicare l’aiuto dato da una persona ad un’altra per svolgere un compito. È una modalità di intervento che permette di adottare un insieme di strategie di aiuto, per favorire il processo di apprendimento.
Anche lo scaffolding segue diverse fasi:
Fase 1: il modelling, che è il momento di imitazione dell’adulto. L’educatore o l’insegnante fa vedere come si compie l’azione, offrendo un modellamento nello svolgimento dell’attività;
Fase 2: lo scaffolding vero e proprio, in cui, al tempo stesso, l’educatore fornisce l’impalcatura fatta di strumenti, obiettivi e pratiche e in cui chi apprende si appropria delle parti più rilevanti ed importanti di quell’azione;
Fase 3: il fading, ovvero la dissolvenza; si tratta del momento in cui l’adulto pian piano scompare e lascia sempre maggiori spazi di autonomia a chi sta apprendendo.
Al fine di rendere efficaci le strategie di comportamento messe in atto dall’adulto nello scaffolding, è importante tenere conto di tre categorie di influenze: la prima riguarda la sensibilità dell’adulto nei confronti del bambino. Egli deve saper cogliere le sue esigenze e difficoltà, l’insensibilità priva il bambino del sostegno adeguato e necessario per la soluzione del problema. La seconda riguarda la capacità del bambino di saper sfruttare l’aiuto ricevuto dall’adulto. In alcune circostanze il bambino non è in grado di sfruttare al meglio l’aiuto ad esempio a causa di deficit o ritardi cognitivi. Infine la terza riguarda il tipo di relazione che si instaura tra adulto e bambino. Quando tra i due si sviluppa un attaccamento sicuro l’azione di scaffolding risulterà più efficace. Nei suoi studi Vigotskij si è interessato alla situazione di interazione tra adulto e bambino in cui era presente un’asimmetria. Questa asimmetria può verificarsi anche in altre situazioni, in quella di genitore-figlio, insegnante-allievo ma anche di bambino più esperto e bambino meno esperto. In quest’ultimo caso i bambini imparano dalla guida di un compagno anche di poco più esperto e questi compagni possono essere dei tutor efficaci quando adottano le stesse strategie adottate dagli adulti. In ambito scolastico l’applicazione del concetto di zona di sviluppo prossimale e di scaffolding si sviluppa in due circostanze:
- nell’apprendimento collaborativo, che prevede un lavoro di collaborazione tra bambini all’incirca allo stesso livello di competenza;
- nel tutoring tra pari, ovvero il caso in cui un bambino più esperto istruisce e guida un altro bambino con l’obiettivo di portarlo ad un livello di competenza simile al proprio.